Agosto 2012. Cammino sulla sabbia ardente in questo mese di vacanza, circondata da persone che giocano a pallone, fanno il bagno, ridono e scherzano, apparentemente felici e rilassati. Ad un certo punto sento una musica provenire dalla consolle situata in riva al mare del lido che ospita me e la mia amica, una musica a me molto familiare: “In Da Club” di 50 Cent irrompe prepotentemente tra le onde del mare, per insinuarsi nei corpi della gente che, improvvisamente, non riesce a trattenersi ed inizia a ondeggiare i fianchi e muovere le teste su e giù. E’ una febbre collettiva che prende i bagnanti, i quali sembrano così avvezzi a quelle note da non farmi ricordare che fino a qualche estate fa, quando i ragazzi sentivano le canzoni provenire dal mio IPod, mi chiedevano che razza di musica fosse quella.
Oggi l’Hip Hop è la cultura musicale predominante non più solo all’estero ma anche in Italia, dove, per molti anni, è stata discriminata, ignorata, odiata. Per le strade ragazzini di 15 anni indossano cappellini New Era accompagnati da scarpe Nike Air Force e cuffie che pompano i beat dei loro rapper preferiti (per la maggior parte italiani). Le radio, (fatta esclusione di 105 e Radio Deejay) che fino a poco tempo fa avevano dichiarato guerra aperta al rap nostrano impedendo a canzoni di Fabri Fibra, per esempio, di risuonare nei nostri sterei, oggi in scaletta hanno tutte le hit dei Club Dogo, di Emis Killa, senza contare i programmi a tema che offrono, dedicati a questo genere. Insomma è cambiato tutto. Tutto, perché all’inizio non era così. In Italia l’Hip Hop sembrava non avere possibilità di aderire, “spaccare, affermarsi” (cit.). E invece ce l’ha fatta, e tutti possiamo notarne gli effetti. Quello che forse ai più non è evidente o chiaro, è che per arrivare fin qui ci serviva un punto di contatto, una scintilla, qualcosa di incandescente che permettesse al Rap di scoppiare in un paese dove l’unica cosa che nella musica “spacca” è il cuore della Pausini. O più semplicemente, un supereroe che facesse il miracolo. Ora immagino che nelle vostre menti si sia già formata l’immagine di un ragazzo bianco, pallido, capelli biondo platino, su sfondo azzurro, con affianco una pornostar, conosciuta con il nome di Gina Lynn, cantare, ammiccando allo schermo,
“I can’t be your superman, your superman…”. Ecco, fermatevi. Lasciatemi finire. Dicevo un supereroe. Una personalità talmente forte e talentuosa da permettersi il lusso di fare quello che nemmeno Tupac e/o Notorious Big sono riusciti a fare. Ora facciamo un passo indietro. Torniamo all’estate 2010. Vi ricordate che brani spopolavano in radio, in tv e in rete? A parte la “Danza Kuduro”, ricorderete “Love The Way You Lie”, di Eminem, in compagnia della bella Rihanna. Fu un bel botto. Nessuno si è accorto che, successivamente, nella scena rap italiana sembrava essersi mosso qualcosa; l’anno seguente ha visto l’uscita discografica di lavori importantissimi, che hanno toccato, come mai successo nella storia, le vette delle classifiche e dei network radiofonici: “King Del Rap” e “Roccia Music Vol 2” di Marracash, “Il Ragazzo D’Oro” di Guè Pequeno, “Thori & Rocce” di Don Joe e Shablo, l’innovativo “The Island Chainsaw Massacre” di Salmo, solo per citare i più famosi. E così è continuato per tutto il 2012, con la comparsa sulla scena della penisola di un sacco di nuove personalità. Questi ragazzi devono aver iniziato per un motivo, ma anche grazie a qualcuno. Il supereroe di cui parlavamo prima. L’uomo in questione è indubbiamente Marshall Bruce Mathers III, conosciuto ai più come Eminem, o Slim Shady, lo psicopatico con la motosega che ha fatto letteralmente impazzire il mondo. Se potessimo tracciare la storia della musica contemporanea, la potremmo dividere in due: il prima e il dopo Eminem. Il rapper bianco di Detroit ha giocato un ruolo fondamentale nel Rap Game nostrano ma anche in quello mondiale. Se i rapper bianchi ora possono tranquillamente dedicarsi alle rime senza essere derisi è grazie a lui; le personalità non sono mancate ( vedere la macchietta Vanilla Ice o i grandi Beastie Boys), ma nessuna aveva quella marcia in più. Quella marcia che Marshall aveva: rime taglienti, umorismo spiccato, tanto, tanto talento. Doti che avrebbero colpito ogni Mc della generazione successiva: lo stesso Mondo Marcio, nella prefazione del libro di Damir Ivic “Fuck It, Let’s All Stand Up”, lo definisce “la figura dell’MC che ha influenzato più di tutti la scena mondiale del rap, in particolare quella italiana”. E se analizziamo la discografia di Marcio, noteremo subito come queste parole siano assolutamente veritiere e fondate.
Eminem però non ha dato una svolta solo al mondo dell’Hip Hop. Ha dato una svolta a tutto. Nel mondo della musica, 50 Cent non sarebbe stato nessuno senza di lui, e invece, ne è stato fatto un mostro che ha sforato i confini del Gangsta Rap e ha raggiunto livelli di business inimmaginabili. Rapper come Asher Roth o Professor Green non avrebbero fonte da cui trarre ispirazione per i loro album.
Nel mondo del cinema, ha dimostrato quanto l’antistar per eccellenza possa rivelarsi una star versatile e dalla vena molto artistica.
Nel mondo della moda ha fatto registrare un cambiamento notevole. Dopo il suo successo, tutti i ragazzini bianchi che prima evitavano di vestirsi come i “neri del ghetto”, hanno iniziato ad aggirarsi con i capelli ossigenati e tutoni larghissimi ( vedere video di “The Real Slim Shady” per chi non lo avesse già fatto e non avesse constatato la cosa).
Per farla breve, il Rap ed Eminem sono la stessa cosa. Il primo è l’anima del secondo, e il secondo non potrebbe sopravviverne senza. Partito da fan, da ragazzino dei sobborghi di Detroit, nella sua camera a sperare in un futuro migliore, è arrivato ad essere l’idolo di quegli stessi ragazzi che come lui si ritrovano a sognare; è arrivato ad essere il padre di un genere, un padre illegittimo, perché guai a dire che Biggie e Pac non siano i re indiscussi del genere. Sarà. Ma non si possono affibbiare titoli ad Eminem. La sua musica, la sua immagine, non ha confini. E’ per questo che, tutte le volte che qualcuno pronuncia e pronuncerà la parola “HIP HOP”, l’immagine che la mente assocerà automaticamente sarà quella dell’ ex biondino, vestito da Robin che dalla “batmobile” di Dre lancia le sue rime taglienti come fossero coltelli. E così sarà sempre.
*Written by: Fede_Shady