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Perchè “Guts Over Fear” segna un punto di svolta

Perchè "Guts Over Fear" segna un punto di svolta

“Guts Over Fear”  è arrivata un po' di soppiatto. Nessuno si aspettava che fosse il primo singolo di una nuova pagina nella discografia di Eminem.

Ci aspettavamo un brano che facesse da colonna sonora ad un film, sì, ma niente che potesse avere una rilevanza totale nell'universo Shady. Invece ci sbagliavamo. “Guts Over Fear” intanto è una bella canzone. A prescindere dai gusti personali, si può dire che Emile ha forgiato ancora una volta un bel beat e la voce di Sia si amalgama in modo impeccabile con la base, il flow di Eminem e il contenuto della canzone. Non sembra fuori luogo, insomma.

Ma “Guts Over Fear” è molto di più: questo pezzo a mio avviso ha un valore che va al di là di quello di singolo apripista. Perchè?

In questo brano vengono dette molte cose, e nessuna scontata. La lucidità con cui il rapper ci fa ( ma si fa da solo) il punto della sua situazione è sorprendente; al momento non richiamo molti MC alla memoria che riescono a dipingere un quadro così concreto su se stessi, delineando i propri alti ma soprattutto evidenziando

i proprio bassi. In un mondo Hip Hop dove ormai la tematica ricorrente è passata da “Io sono il più gangsta, spaccio e sparo” a “twerka, twerka, twerka”; dove i rapper sono impegnati a scegliere le sneakers più di tendenza e a superare Kanye West in stile ed egocentrismo, Marshall rappresenta un'oasi di ristoro. Non è nuovo a mostrarci questa sua capacità di sfruttare i suoi punti deboli per lasciare spiazzato l'ascoltatore (o lo sfidante: vedere 8 Mile), ma questa volta è diverso. Le cose dette hanno un peso notevole, perchè ci mostrano un uomo che si spoglia di ogni sua veste per mettersi a nudo di fronte tutti. Ripeto, già fatto, come in Beautiful dove affiora il suo lato più fragile, o in Beautiful Pain, per citarne una ancora più recente, dove sembra più un uomo che si trova ad un bivio ma è pieno di speranza, e non una rap star di massimo successo amatissimo da milioni di persone. Ma questa volta è diverso. Perchè sembra di essere arrivati “all'ultimo capitolo della saga”. L'uomo, Marshall, si trova di fronte ad un dilemma che probabilmente tormenta qualsiasi artista vivente, ma che lui ha avuto il coraggio (guts, appunto) di affrontare: cosa fare ora. E' una domanda che alla fine ci poniamo tutti, soprattutto chi, come me, ha 20 anni e un futuro ancora incerto. Ma Eminem di anni ne ha quasi 42, e il suo presente è solido. Ciò che lo tormenta è altro, e sembra ribadirlo a gran voce: sono consapevole.

Consapevole che io avevo una storia da raccontare, la mia, una storia che vi ha fatto appassionare più di una soap-opera, che ha avuto più colpi di scena di un thriller, e che avete amato tanto perchè era vera. Tutto ciò di cui parlavo era vero, l'assenza di un padre, una madre poco adatta a rivestire quel ruolo, una figlia da sfamare, la povertà, il successo, i soldi, la dipendenza. Non potrei parlare mai di qualcosa che non sia vero. Ma proprio per questo mi rendo conto di non poter dire niente di più. Questa storia l'ho ripercorsa avanti e indietro, avanti e indietro, prima per me, perchè ne avevo bisogno, poi per voi, perchè non siete mai sazi, me lo chiedete sempre, avete bisogno costantemente di una dose della mia droga in rime. E io vi sfamo, vi accontento, viviseziono le parti di una vita che ormai è passata per darvi da mangiare. Ma tutte le migliori storie finiscono. Sono consapevole. Consapevole che sto ridicendo le solite cose in una salsa diversa. E qualche volta vi è piaciuto, qualche volta meno, e mi sono sentito il colpa per aver prodotto album come Relapse, dove ho tentato di sfruttare al massimo la storia della dipendenza per darvi una visione a 360 gradi di quanto era successo, e voi non avete apprezzato. Altre volte invece ve l'ho fatta, ho riparlato della droga e dei miei problemi in Recovery, cambiando il punto di vista, e voi l'avete amato. Ma ve l'ho detto non so parlare di ciò che non è vero. E la mia storia è questa. Come tutte le belle storie ha un inizio ma anche una fine. La favola del biondo incazzato non ha altri risvolti, ora sono qui, ho fatto pace con me stesso, sto bene con le mie figlie, io Kim e mia madre non ci odiamo più, Matthew Mitchell mi ha ucciso prendendosi la vendetta sul fratello che tanto aspettava, che volete di più? No, non sono come Jay-Z. Non ho da parlare di arte, quadri, miti mafiosi italiani. Forse ho qualcosa da dire su qualche serie tv e un fumetto, ma niente su cui poter scrivere un testo. Ed è per questo che la scena non mi integra. Sono il Rap God, il Goat, ma nessuno lo ammette, perchè sono bianco? Forse. O forse perchè appunto io non rappresento la figura classica del rapper. Non amo i riflettori, mi vesto sempre allo stesso modo, quindi non amo gli stilisti, non so chi sia questo Jeremy Scott di cui parlano tutti. La conseguenza è che io sia sempre solo in un'altra stanza in questa grande casa. E chi guarda mi nota subito, fuori dal coro, e si sa, chi si isola viene sempre preso di mira, un po' perchè è un bersaglio facile, un po' perchè chi non vuole stare con gli altri sembra credersi migliore, uno che ha la puzza sotto il naso. Quindi qualsiasi cosa tu faccia, anche la migliore, non verrà mai riconosciuta per quello che è, e un passo falso significa che verrai automaticamente criticato, il dito sarà puntato perennemente su di te.

Sono consapevole di tutto ciò. Ma la consapevolezza non porta ad un punto fermo. Perchè io in studio ci sono sempre,

giocherello sempre con il mixer, butto sempre giù qualche cosa, perchè ormai il mio cervello funziona così, è un forno di rime. Non lo posso fermare.

Quindi che fare?

Ed è qui che Eminem dimostra finalmente di aver raggiunto la piena maturità e forma smagliante. Dopo aver dato tutto, dopo aver ribadito che tutto ciò che ha fatto ormai era per noi (sì, per i fan, lui, la star che sembra fregarsene di più dei suoi discepoli, in realtà tiene a loro più di quanto crediamo), dandoci canzoni che ci diano la forza di andare avanti, di sperare, di non aver paura, di fottersene di tutto, di rimanere fedeli a sè stessi, di lasciarsi andare nella musica, e che ora siamo in grado di camminare sulle nostre gambe mantenendo viva attraverso di noi la sua memoria, lui decide che… non lo sa.

Mentre quasi tutti hanno interpretato questa canzone come il suo definitivo ritiro dalle scene, come era già successo con Bad Guy, lui semplicemente si concede il beneficio di non sapere come andranno le cose. Ha finito di scrivere la storia, ora chiude il libro e si riposa. Magari qualche idea buona su una prossima avventura gli verrà. Magari no. Ma ora è consapevole che una strada è stata percorsa e si è arrivati a destinazione. Dopo tanta fatica è giusto sedersi sul divano senza sapere che fare domani. Non è un addio. E' il bellissimo momento in cui si trova la libertà. E noi siamo solo felici che Marshall sia arrivato fin qua.

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